Disentermediazione alberghiera dalle OTA: ha ancora senso parlarne?

Da un po’ di anni a questa parte, tra i grandi obiettivi di una struttura ricettiva c’è sicuramente la disintermediazione dalle OTA (Online Travel Agencies) ovvero (semplificando) il tentativo di liberarsi dalla morsa delle commissioni durante il processo di vendita delle nostre camere.

Prima di addentrarci nel merito della questione, facciamo un passo indietro e proviamo a capire bene l’incidenza di questi intermediari online, che oggi hanno un ruolo ben definito dalle loro caratteristiche e dalla posizione che sono riusciti a raggiungere sul mercato.

Il compito di un’intermediario è quello di favorire il contatto tra due parti per il raggiungimento di un risultato perlopiù economico. In sostanza, l’intermediario conosce domanda e offerta e fa in modo che si incontrino nel migliore dei modi e con soddisfazione reciproca. Il fatto che si faccia pagare per farlo è normale e logico. E prima di decidere se abbiamo la necessità di svincolarci da questo tipo di dinamica, è necessario capire a quale domanda le OTA rispondono, soprattutto quando si parte dai motori di ricerca.

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Su quale tipo di domanda lavorano le OTA?

In primis dobbiamo considerare che anche le OTA ormai sono brand in tutto e per tutto. Hanno utenti propri che difficilmente considererebbero altri modi di cercare un hotel. Sono tantissimi e in grande crescita e rappresentano una fetta importante del mercato.

Ci sono poi quegli utenti legati ai motori di ricerca che possono essere identificati in base a quello che inseriscono su Google e soci. Qui si concentra gran parte della possibilità di vendita di una camera sia per le OTA che per i singoli hotel.

Le ricerche “hotel+località” e relative correlate sono ormai state cannibalizzate dalle grandi organizzazioni ed è molto difficile riuscire ad emergere sia con posizionamento organico che con traffico a pagamento per una struttura da sola (salvo avere un budget piuttosto importante da mettere in gioco).

In questo tipo di dinamica l’utente cerca un hotel, trova le OTA e muove i vari filtri in funzione delle diverse caratteristiche che rispondono alla sua esigenza. Il suo percorso di selezione sarà accompagnato da un notevole livello di sicurezza e fiducia sul buon esito della transazione e se le recensioni all’interno della OTA gli bastano concluderà la prenotazione in quel momento. In quel “se le recensioni all’interno della OTA gli bastano” si apre uno spiraglio importante.

Vi pare un caso il fatto che gran parte del lavoro venga svolto sul nome delle singole attività? No, non lo è.

Perché l’utente (e ancora di più il cliente) legato in modo particolare ad un brand è quello più difficile da catturare dalle OTA che invece sanno di non avere grandi problemi con l’utente che esegue ricerche legate alla destinazione. In tutto il mondo delle ricerche branded la posizione di vantaggio delle agenzie online si attenua ed è anche per questo che, da un po’ di tempo a questa parte, cercano di ricrearsela con politiche di cancellazione a dir poco generose e altre azioni che giocano nei punti più sensibili degli utenti.

Intercettare quel tentennamento subito dopo la selezione della nostra struttura sulla OTA è crearsi una grande opportunità di business. In quale modo? Ad esempio con una campagna brand su Google Adwords, basati quindi solo su parole chiave in cui compare il vostro brand.

Ma l’utente preferisce la OTA o il sito dell’hotel?

Bella domanda. Dipende molto dalle condizioni in cui versa il sito della struttura. Le OTA offrono scelta, sicurezza, fiducia e ogni tipo di risposta alle insicurezze più profonde delle persone. Partendo dalla logica che nessuno deve mettersi a fare guerra al ribasso del prezzo, solo due cose non possono offrire: esperienza e prodotto.

Perché il grande svantaggio di recitare la parte dell’intermediario è di non poter incidere in alcun modo sulle caratteristiche di domanda e offerta. Certo possono influenzarle (e lo fanno eccome) ma fino ad un certo punto.

Ed è proprio in questa lacuna che si deve concentrare grande parte del marketing di una struttura ricettiva: creare valore aggiunto nell’esperienza che viene offerta al cliente, cercando di generare quante più ricerche legate al proprio brand.

Farlo è conveniente per diversi motivi:

  • Qui il marketing è meno dispendioso in termini di risorse economiche e temporali.
  • Si riduce di gran lunga l’orizzonte competitivo (non solo delle OTA).
  • Contribuisce a creare un pubblico fidelizzato, legato alle nostre caratteristiche e disinteressato a raggiungerci tramite intermediari.

Quindi, in definitiva, ha senso parlare di disintermediazione dalle OTA?

Chiaramente ogni hotel è una storia a se e bisogna scendere più in profondità prima di decidere ma, secondo me, no. Penso sia più corretto parlare di multicanalità della vendita, considerando le OTA e le sue caratteristiche come parte integrante della strategia di marketing in una logica basata sempre e comunque sul ritorno dell’investimento promozionale. Pensare di divincolarsi (o ancor peggio di fare a meno) di un intermediario che gode di una posizione dominante in una fetta cospicua del mercato, vuol dire rinunciare di fatto ad una bella fetta di business e non è sicuramente la cosa giusta da fare.

Bisogna adeguarsi al fatto che ci sono utenti legati alla ricerca per destinazione o alle OTA stesse che ci “accontenteremo” di raggiungere grazie agli spazi a disposizione sulle OTA, sfruttandone quindi la visibilità capillare e cercando di intercettare il momento esatto in cui l’utente si trasforma da “ricercatore di destinazione” a “ricercatore legato ad un brand”. Per il resto concentreremo i nostri sforzi per cercare di creare utenti che desiderino incontrare il nostro brand ancor prima della località in cui ci troviamo.

Dando per scontato che il nostro sito sappia comunicare perfettamente  e con completezza i nostri valori e le peculiarità, permettendo prenotazioni facili e sicure. Ma di questo forse è meglio parlarne meglio la prossima volta.

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